Finanziamenti per il clima: le conclusioni del Consiglio UE in vista della COP29

 

Foto di Ron Lach da PexelsIl Consiglio europeo ha approvato le conclusioni sui finanziamenti per il clima in vista della COP29. Tali conclusioni sono rilevanti perché rappresentano il punto di partenza per il mandato generale dei negoziatori europei alla prossima COP, dove verranno prese decisioni importanti sulla finanza climatica. 

I fondi del Piano Mattei e le sue criticità

La prossima convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) si terrà a Baku, in Azerbaigian, dall’11 al 22 novembre 2024 e, come nelle edizioni precedenti, vedrà la partecipazione delle 198 parti che la compongono che - insieme ad esperti climatici, scienziati e altri stakeholder - definiranno nuovi target ambiziosi e strategie in materia clima. 

Dove eravamo rimasti alla COP28 in materia di finanziamenti per il clima

Dalla COP29 di Baku ci si aspetta che vengano sciolti almeno un po’ di nodi lasciati aperti dall’edizione dello scorso anno, la COP28 di Dubai di dicembre 2023

Anzitutto, l’accordo trovato alla convenzione ospitata dagli Emirati Arabi Uniti non conteneva l’espressione “phase out” auspicata da oltre 100 nazioni che chiedevano l’utilizzo di un linguaggio forte - ma invisa invece a paesi come quelli facenti parte dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori del Petrolio) - privilegiando così la locuzione meno decisa “transitare fuori dai combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico”. Una soluzione che ha lasciato insoddisfatte molte parti, anche alla luce dei risultati scoraggianti emersi dal Global Stocktake pubblicato in occasione della COP28, cioè il bilancio globale che valuta i progressi ottenuti nella risposta alla crisi climatica e nell’implementazione degli obiettivi di Parigi. 

Altre questioni rimaste aperte alla COP28 sono legate al tema dei finanziamenti per il clima

In primis, protagonista della convenzione del 2023 è stato il fondo Loss and Damage, lo strumento gestito dalla Banca Mondiale con cui i paesi più sviluppati si sono impegnati a ripagare le perdite e i danni causati dal cambiamento climatico fornendo assistenza finanziaria ai paesi più vulnerabili colpiti in modo particolare dai danni climatici. Tra i paesi che lo scorso anno si erano impegnati maggiormente a contribuire al fondo, l’Italia e la Francia, che avevano promesso 100 milioni di dollari (ciascuna), così come gli Emirati Arabi Uniti e la Germania, seguiti da Regno Unito (75 milioni di dollari) e Stati Uniti (24,5 milioni). Nonostante gli impegni fissati alla COP28 rappresentino un importante risultato per il fondo Loss and Damage, da molti vengono giudicati insufficienti, soprattutto alla luce del fatto che secondo le stime più recenti del gruppo di esperti di alto livello sui finanziamenti per il clima delle Nazioni Unite entro il 2030 i paesi in via di sviluppo, esclusa la Cina, dovranno stanziare 2,4 trilioni di dollari all'anno per la transizione energetica, l'adattamento e la resilienza, e il ripristino del capitale naturale.

Al di là del sostegno ai paesi meno sviluppati, considerato che attualmente secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) i livelli dei finanziamenti globali per il clima nel complesso ammontano a circa 1,3 trilioni di dollari (dati sul biennio 2021-2022), l’aumento dei finanziamenti per il clima si sta affermando sempre più come fattore critico per guidare l’ambizione climatica della prossima COP29. In questo contesto, alla prossima convenzione di Baku si parlerà probabilmente di possibili strumenti finanziari innovativi e della necessità che governi e settore privato collaborino per finanziare la transizione.

Le conclusioni di ECOFIN in preparazione della COP29

In questi giorni l’ECOFIN, una delle formazioni in cui si riunisce il Consiglio europeo, ha approvato le conclusioni sui finanziamenti per il clima in vista della COP29, che avrà come obiettivo principale quello di negoziare i nuovi obiettivi collettivi quantificati (New Collective Quantified Goal on Climate Finance) dopo il 2025. Le conclusioni del Consiglio - che rappresenta l’UE ai vertici internazionali sul clima delle Nazioni Unite - hanno il compito di definire e integrare il mandato generale dei negoziatori dell’UE alla prossima COP. 

Partendo dalla presa d’atto della preoccupante situazione delineata dal rapporto sullo stato del clima globale 2023 pubblicato dall’Organizzazione meteorologica mondiale secondo cui il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato (con una temperatura media globale di 1,45°C al di sopra della linea di base preindustriale), l’ECOFIN sottolinea l'urgenza dell'azione globale per il clima. In questo scenario, il Consiglio accoglie il “riconoscimento da parte di tutte le parti dell'accordo di Parigi, attraverso il consenso degli Emirati Arabi Uniti, della necessità di riduzioni profonde, rapide e sostenute delle emissioni di gas serra in linea con il percorso di 1,5 °C”. Altro punto su cui l'ECOFIN si trova d’accordo rispetto alle conclusioni della COP28 è la necessità di triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale entro il 2030, “abbandonando i combustibili fossili nei sistemi energetici, accelerando le tecnologie a zero e basse emissioni ed eliminando gradualmente i sussidi inefficienti ai combustibili fossili che non affrontano la povertà energetica o le giuste transizioni il prima possibile”.

In questo contesto, il Consiglio evidenzia anche come le parti della convenzione dovrebbero accelerare gli sforzi per “consentire la mobilitazione di tutte le fonti di finanziamento su larga scala, pubbliche e private, nazionali e internazionali”. A tal fine, l’UE fa la sua parte, come confermato dall'adozione e dall'attuazione del pacchetto legislativo "Fit for 55", che ridurrà le emissioni nette di gas serra dell’Unione di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. L’Unione, inoltre, è tra i principali erogatori di fondi pubblici internazionali destinati alla lotta ai cambiamenti climatici e, dal 2013, ha più che raddoppiato il contributo ai finanziamenti per il clima a sostegno dei paesi in via di sviluppo. Altro risultato positivo in ambito europeo è il superamento, per il terzo anno consecutivo, del target della Banca europea per gli investimenti (BEI) fissato per il 2025, cioè quello di garantire una quota del 50% di finanziamenti verdi. 

Nelle conclusioni, l’ECOFIN sottolinea anche l’importanza dei finanziamenti pubblici per l’adattamento climatico, fondamentali per sostenere i paesi e le comunità vulnerabili, “in particolare quelli colpiti in modo sproporzionato dagli impatti dei cambiamenti climatici”. Tali finanziamenti, quindi, andrebbero indirizzati soprattutto ad attività di adattamento al cambiamento climatico. In questo scenario, l’UE si impegna “a rispondere all'urgenza di raddoppiare la fornitura collettiva di finanziamenti per il clima dei paesi sviluppati per l'adattamento ai paesi in via di sviluppo entro il 2025, rispetto ai livelli del 2019”.

Per quanto concerne il fondo Loss and Damage, l’ECOFIN accoglie con favore i primi passi compiuti per renderlo operativo e chiede che i contributi al fondo provengano da “un’ampia varietà di fonti di finanziamento, tra cui sovvenzioni e prestiti agevolati da fonti pubbliche, private e innovative”. A tal proposito, il settore privato va mobilitato su larga scala, tramite strategie politiche efficaci e credibili, ma anche attraverso un coinvolgimento “da parte delle grandi imprese e del settore finanziario con strumenti quali tassonomie e standard di rendicontazione della sostenibilità”. L’obiettivo è, infatti, di rendere il settore privato il principale finanziatore della transizione

Proprio la rendicontazione della sostenibilità, tra l’altro, svolge un ruolo molto importante nel processo di transizione e di gestione dei rischi climatici fisici, garantendo anche vantaggi in termini di accesso al capitale, sul piano della reputazione e del risk management. 

Sebbene la finanza climatica sia un lavoro di squadra, secondo l’ECOFIN ogni paese deve sviluppare anche a livello nazionale le condizioni abilitanti per mobilitare i finanziamenti nazionali per il clima su larga scala. “Ciò richiede un approccio di governo complessivo, integrando l'azione per il clima nelle politiche macroeconomiche e fiscali, anche attraverso la fissazione del prezzo del carbonio, gli investimenti pubblici e i processi di approvvigionamento, e coinvolgendo gli stakeholder economici e rafforzando il loro impegno nell'azione per il clima”. In questo contesto, secondo il Consiglio, è fondamentale l’azione della Coalizione dei ministri delle finanze per il clima (che riunisce i ministri di oltre 90 paesi), con particolare riferimento all'iniziativa di rafforzamento dei contributi determinati a livello nazionale (NDC), piani nazionali non vincolanti che evidenziano le azioni per il cambiamento climatico previsti dall'accordo di Parigi. 

Tra i punti sottolineati nelle conclusioni, anche l’impegno degli Stati membri a favorire l’attuale obiettivo dei paesi sviluppati di mobilitare collettivamente finanziamenti per il clima pari a 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2025, target che è stato raggiunto per la prima volta nel 2022 (quando sono stati stanziati 115,9 miliardi di dollari).

L’impegno dell’UE nel sostenere i finanziamenti per il clima anche in futuro è evidente anche nella sua intenzione di supportare il conseguimento di nuovi ambiziosi obiettivi collettivi per il periodo post 2025, ovvero i New Collective Quantified Goal on Climate Finance già citati, che animeranno in modo particolare i colloqui di Baku. Per stabilire target più ambiziosi per il post 2025, però, secondo il Consiglio è necessario “ampliare il gruppo di contributori”, sotto il “ruolo guida” dei paesi sviluppati nella mobilitazione di finanziamenti per il clima. 

Infine, altre questioni citate dall’ECOFIN nelle conclusioni riguardano:

  • La necessità di maggiore trasparenza e chiarezza dei dati relativi all’ammontare dei finanziamenti per il clima forniti, al fine di consentire un coordinamento e una coerenza più forti tra diversi fornitori e attori;

  • L’esigenza di invertire il trend per cui ancora, attualmente, i flussi finanziari pubblici e privati per i combustibili fossili sono maggiori di quelli destinati all’adattamento e alla mitigazione del clima;

  • L’importanza di attori internazionali, come le banche multilaterali per lo sviluppo (Multilateral Development Banks), fondamentali sia per sbloccare opportunità di investimento sia per mobilitare finanziamenti per il clima e lo sviluppo, attraverso prestiti propri, catalizzando finanziamenti privati ​​e promuovendo la mobilitazione delle risorse nazionali;

  • L'urgenza di continuare la riforma più ampia dell'architettura finanziaria internazionale cooperando a livello globale;

  • L’importanza degli “sforzi delle recenti iniziative e coalizioni che aiutano a far progredire l'agenda internazionale sulla fissazione del prezzo del carbonio, quelle che affrontano l'azione per il clima e il ripristino della natura, nonché le iniziative che mirano a migliorare l'accesso ai finanziamenti rimuovendo le barriere legate alla vulnerabilità del debito, allo spazio fiscale e al costo del capitale, e che accelerano la riforma dell'architettura finanziaria internazionale per affrontare meglio le sfide del cambiamento climatico”. 

Come negli anni precedenti, le conclusioni non includono ancora l’importo del contributo dell’UE ai flussi finanziari per il clima del 2023, panoramica che deve essere fornita dalla Commissione europea, per essere poi approvata dal Consiglio prima dell’inizio della COP29. Per il 2022, il contributo europeo è stato pari a 28,5 miliardi di euro provenienti da fonti pubbliche, con un importo aggiuntivo di 11,9 miliardi di euro da finanziamenti privati.

Leggi anche Coalizione ministri finanze per il clima, funding gap richiede investimenti privati

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