Corte Conti UE – i criteri di assegnazione dei fondi per la Coesione
Un'analisi della Corte dei Conti europea fa il punto sui criteri di assegnazione delle dotazioni per la Politica di Coesione nel bilancio UE post 2020.
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"L’anno in corso riveste un’importanza cruciale per il prossimo bilancio settennale dell’Unione europea. È fondamentale che tutte le parti interessate prendano decisioni con cognizione di causa, in modo che la Politica di Coesione produca ancora di più con una dotazione ridotta", ha affermato Iliana Ivanova, il membro della Corte dei conti europea responsabile dell’analisi rapida sulla Politica di Coesione 2021-2027.
L'entità del Quadro finanziario pluriennale post 2020 e dei budget delle singole politiche settoriali dipende infatti dal negoziato in corso tra gli Stati membri, che dovranno poi avviare il confronto con il prossimo Parlamento europeo.
In questo contesto, la Corte dei Conti UE ha esaminato la procedura per determinare il volume di finanziamenti per la Politica di Coesione a disposizione dei paesi dell'Unione nel prossimo settennato, “per stimolare una discussione costruttiva delle questioni trattate”, ha aggiunto Ivanova.
Per il periodo 2021-2027, ricorda la relazione, la Commissione europea ha proposto una dotazione complessiva di 1.279 miliardi di euro (1.135 miliardi di euro in prezzi del 2018), di cui 373 miliardi (330,6 miliardi in prezzi del 2018) sarebbero destinati alla spesa per la Coesione, ossia un ammontare inferiore del 10% rispetto al periodo precedente.
Per la prima volta l'Esecutivo UE ha incluso nella proposta anche gli importi per ciascuno Stato membro a valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo Plus e sul Fondo di coesione. La procedura di ripartizione dei fondi utilizzata da Bruxelles è sostanzialmente analoga a quella adottata nei periodi precedenti e, sebbene la Commissione sia stata più trasparente che in passato, secondo la Corte rimane relativamente complessa.
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Per la maggior parte le risorse finanziarie sono assegnate ai paesi e alle regioni secondo la loro ricchezza relativa, criterio che viene integrato dalla considerazione di fattori socioeconomici e ambientali, come il tasso di disoccupazione giovanile o il livello di istruzione raggiunto. Inoltre, per la prossima programmazione la Commissione ha incluso tra i criteri di ripartizione dei fondi UE anche elementi quali la migrazione e le emissioni di gas a effetto serra. L’effetto dell'introduzione di questi criteri, osserva tuttavia la Corte, è piuttosto limitato.
A determinare i nuovi livelli di finanziamento sono infatti soprattutto i cambiamenti intervenuti nelle economie dei singoli paesi UE: la ricchezza di molte regioni e di alcuni paesi è aumentata o diminuita rispetto al periodo precedente e questo determinerà un incremento o una riduzione degli stanziamenti assegnati.
In questo quadro la Commissione ha previsto dei massimali di sicurezza per evitare che l’ammontare concesso ad un paese non presenti oscillazioni eccessive da una programmazione alla successiva. L'incremento rispetto al periodo 2014-2020 non può infatti superare l’8%, mentre il taglio per i paesi che riceveranno meno fondi europei non può andare oltre il 24% in meno.
Il risultato è che, nella proposta dell'Esecutivo UE, sette paesi, tra cui l'Italia, riceverebbero maggiori finanziamenti a titolo della Coesione, sei Stati otterrebbero lo stesso importo, mentre 14 riceverebbero finanziamenti inferiori, con tre quarti dell’intera dotazione finanziaria a favore delle regioni più disagiate e meno sviluppate. Anche gli importi assegnati inizialmente dalla Commissione, ricorda però la Corte, dipenderanno dal negoziato tra gli Stati membri e le istituzioni dell’UE.
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