Economia circolare – torna il vuoto a rendere
Riparte il vuoto a rendere: le bottiglie di vetro vuote potranno essere riconsegnate al commerciante in cambio di una piccola cauzione.
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Un simbolo all’ingresso di un bar, di un ristorante, di un albergo o di altri punti di consumo distinguerà quegli esercenti che hanno scelto di aderire alla fase sperimentale del sistema di vuoto a rendere per le bottiglie di birra e acqua minerale.
Lo stabilisce il regolamento del ministero dell’Ambiente, pubblicato il 25 settembre in Gazzetta Ufficiale e operativo dal 10 ottobre, che attua la misura del Collegato Ambientale volta alla prevenzione dei rifiuti di imballaggio monouso attraverso l’introduzione, su base volontaria per un anno, di un sistema di restituzione delle bottiglie riutilizzabili.
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“Un Paese proiettato nell’economia circolare come l’Italia – afferma il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – non può che guardare con interesse a una pratica come il vuoto a rendere, già diffusa con successo in altri Paesi. Questo decreto dà una possibilità a consumatori e imprese di scoprire una buona pratica che aiuta l’ambiente, produce meno rifiuti e fa risparmiare soldi”.
Vuoto a rendere: come funziona
L’obiettivo del “vuoto a rendere” è sensibilizzare i consumatori sull’importanza del riciclo e diminuire la produzione dei rifiuti: infatti, gli stessi contenitori - bottiglie più resistenti in vetro, plastica o altri materiali - potranno essere riutilizzati oltre dieci volte prima di divenire scarto. Le norme sono previste per contenitori di volume compreso tra gli 0,20 e gli 1,5 litri.
Altro scopo del decreto, attraverso il sistema di monitoraggio previsto, è quello di valutare la fattibilità tecnico-economica e ambientale del sistema del vuoto a rendere, al fine di stabilire se la pratica sia da confermare ed eventualmente estendere ad altri tipi di prodotto e ad altre tipologie di consumo al termine del periodo di sperimentazione.
Italia prima in Europa per percentuale di riciclo
L’Italia è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti (urbani, industriali, etc.). Con il 76,9% di rifiuti avviati a riciclo presenta una incidenza più che doppia rispetto alla media europea (solo il 37%) e ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi paesi europei: la Francia è al 54%, il Regno Unito al 44%, la Germania al 43%.
A dirlo, i più recenti dati Eurostat resi disponibili a settembre e riportati da Kyoto Club. La quantità riciclata netta dell’Italia (che include import-export di rifiuti e cascami), pari a 56,4 milioni di tonnellate, è inferiore solo al valore della Germania (72,4 milioni di tonnellate).
I flussi più rilevanti per l’Italia sono rappresentati dai cosiddetti riciclabili tradizionali (carta, plastica, vetro, metalli, legno, tessili) che sommano a 26 milioni di tonnellate e ai rifiuti misti avviati a selezione (circa 14 milioni di tonnellate) oltre ai rifiuti organici e verdi (circa 6 milioni di tonnellate) e ai rifiuti chimici (1,7 milioni).
In sintesi, sia sotto il profilo della quantità di materia avviata a riciclo, che sotto il profilo del valore economico dell’intera filiera del riciclo – dalla raccolta alla produzione industriale di nuovi manufatti – l’Italia rappresenta un caso di eccellenza e il principale player europeo del settore.
L’Italia è anche il secondo Paese europeo, dopo la Germania, in termini di fatturato e di addetti nel settore della preparazione al riciclo, uno degli anelli cruciali della intera filiera industriale del recupero di materia.
Photo credit: liz west
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