Credit crunch – servono canali di finanziamento alternativi per le PMI
Nonostante la dinamica del PIL in Italia sia gradualmente tornata positiva dopo una lunga fase di recessione, i flussi dei prestiti alle imprese sono rimasti deboli. Uno scenario di “ripresa senza credito”, che richiede policy adeguate, soprattutto a sostegno delle PMI.
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Quali sono le ragioni alla base della lenta ripresa dei prestiti alle imprese italiane nella fase post recessione? E' l'interrogativo al centro del paper di Ginette Eramo, Roberto Felici, Paolo Finaldi Russo e Federico M. Signoretti “How slow is the recovery of loans to firms in Italy?”, pubblicato nella collana Questioni di Economia e Finanza della Banca d'Italia.
Lo studio analizza l'andamento del credito alle imprese in Italia da una prospettiva storica, confrontando il contesto attuale con episodi di ripresa in altri paesi dell'area euro e, più in dettaglio, con quelli della sola economia italiana.
Quel che emerge è che l'andamento dei finanziamenti alle imprese italiane in questa fase risulta debole se confrontato con gli scenari di ripresa dei paesi considerati, ma in linea con quanto osservato a seguito di recessioni particolarmente prolungate oppure associate a crisi bancarie.
E se la debolezza della domanda condiziona l'evoluzione dei prestiti, osservano poi gli autori, è anche vero che questa è a sua volta condizionata dai vincoli dal lato dell'offerta, soprattutto per le piccole imprese che dipendono maggiormente dai finanziamenti bancari.
La contrazione del credito in questa fase colpisce infatti le imprese di tutti i settori - manifatturiero, costruzioni, servizi - e di tutte le dimensioni, ma è particolarmente severa per quelle più piccole, che avrebbero bisogno di canali di finanziamento alternativi, non soltanto di garanzie per accedere più facilmente ai prestiti delle banche.
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La stretta del credito prosegue oltre la recessione
A seguito della crisi del debito sovrano del 2011-2012, l'economia italiana ha attraversato una lunga e profonda recessione, durante la quale il flusso del credito bancario si è rapidamente ridotto. Il tasso di crescita annuale dei prestiti alle società non finanziarie (NFC) è sceso dal 5,2% dell'estate del 2011 al -2,7 % alla fine della recessione.
La contrazione - osserva il paper - è proseguita però anche nella fase di ripresa economica: i tassi di crescita annua dei prestiti alle imprese sono stati negativi tra il 2013 e il 2015 e si sono attestati intorno allo zero fino alla fine del 2017. Dalla fine della recessione, il rapporto tra prestiti NFC e PIL è diminuito di 12 punti percentuali, fino al 47%, qualificando quella attuale come una “ripresa senza credito”, almeno per quanto riguarda i prestiti alle imprese.
A partire da questo quadro il paper mira a rispondere a due serie di domande. Da una parte, come si confronta la dinamica dei prestiti durante l'attuale ripresa in Italia con quanto osservato in fasi cicliche simili, sia in Italia che in altri paesi dell'area dell'euro? E, ancora, gli sviluppi dei prestiti e della produzione a livello aggregato rispecchiano quelli osservati in alcuni particolari settori di attività economica o in classi dimensionali delle imprese? Dall'altra parte, qual è stato il contributo dei fattori della domanda e dell'offerta? E il peso relativo di questi fattori variava tra i diversi tipi di imprese?
Per rispondere alla prima serie di domande, il paper confronta gli sviluppi del PIL reale e del credito reale durante l'attuale ripresa con quelli osservati durante 81 fasi di recupero in 13 paesi della zona euro (compresa l'Italia) a partire dal 1980. Inoltre, sia per la fase attuale che per quella che seguì la recessione del 1992-1993, che era molto simile per un certo numero di elementi, lo studio conduce l'analisi per settori di attività economica e classi di dimensioni delle imprese.
La prima conclusione è che, mentre gli andamenti del credito nell'attuale fase di ripresa sono più deboli rispetto alla mediana dell'intero insieme di episodi di espansione nei paesi dell'eurozona, questi risultano in linea con la mediana calcolata per le espansioni cicliche successive a recessioni lunghe e profonde e per le regressioni associate a crisi bancarie. In particolare, lo studio evidenzia che l'evoluzione degli impieghi reali nell'attuale ripresa è molto simile a quella già registrata in Italia dopo la recessione del 1992-93.
La seconda osservazione è che i prestiti sono diminuiti per le imprese che operano in tutti i principali settori di attività economica e per tutte le classi di dimensioni delle imprese, ma, in relazione all'aumento dell'attività, la contrazione dei prestiti è stata particolarmente forte per le piccole imprese.
Incidono sia domanda che offerta di credito
Passando al secondo set di domande, quindi alle possibili cause, il paper rileva che la debolezza della domanda è stata un fattore determinante delle dinamiche creditizie durante la fase espansiva.
Allo stesso tempo, le condizioni restrittive dell'offerta di credito hanno limitato la ripresa degli investimenti fissi e portato a sottostimare la domanda di finanziamenti esterni da parte delle imprese, soprattutto le più piccole e più rischiose, per le quali i vincoli nella disponibilità di prestiti pesano maggiormente sulle decisioni di spesa. Discorso analogo per l'aumento dell'emissione di obbligazioni societarie, che può essere associato alla minore domanda di prestiti bancari ma può anche riflettere un passaggio a questa fonte di finanziamento come conseguenza delle difficoltà nell'ottenere credito bancario.
Anche se le condizioni dell'offerta di prestiti si sono notevolmente allentate durante la ripresa, riflettendo i miglioramenti dei bilanci delle imprese e delle banche e l'efficacia della politica monetaria nel ristabilire un regolare funzionamento del canale del credito, secondo il paper vi sono segnali che l'accesso ai finanziamenti bancari è rimasto difficile, per la minore propensione delle banche ad assumere rischi e per lo sforzo di rafforzare i propri bilanci e aumentare la capitalizzazione nel contesto di una bassa redditività.
Inoltre, ricordano gli autori, il regime di regolamentazione e supervisione emerso in risposta alla crisi ha condotto a criteri di concessione dei prestiti ancora più rigidi di quelli del periodo precedente l'inizio della recessione.
Indicazioni di policy per il sostegno alle PMI
Secondo il paper, quindi, le riprese economiche senza credito non sono rare, ma sono più frequentemente associate a crisi bancarie e/o a recessioni più profonde, e tendono ad essere più lente delle altre. Inoltre, durante le fasi di ripresa senza credito la crescita è significativamente più bassa nei settori più dipendenti dal finanziamento esterno, come le imprese più piccole.
Quando il credito è frenato dalla debolezza della domanda, vi è poco spazio per un'azione politica che vada oltre le normali politiche macroeconomiche cicliche; quando però ad incidere sono anche i vincoli di offerta risulta auspicabile un intervento politico finalizzato a ripristinare un corretto funzionamento del canale del credito, sottolineano gli autori.
Le misure a sostegno dell'accesso ai finanziamenti da parte delle PMI sono quindi particolarmente importanti in questa fase, dal momento che in genere piccole e medie imprese trovano più difficile recuperare l'accesso al credito e hanno minori capacità di sfruttare fonti alternative di finanziamento.
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Oltre agli strumenti che affrontano direttamente il problema della limitata capacità delle PMI di ottenere prestiti bancari, come ad esempio i sistemi di garanzie pubbliche, secondo il paper occorre sviluppare canali di finanziamento alternativi a quelli bancari, sia per gli strumenti di debito che di capitale, che potrebbero svolgere un ruolo nel sostenere la crescita economica in tempi di grave stress del sistema bancario.
> “How slow is the recovery of loans to firms in Italy?”, Questioni di Economia e Finanza, 469-2018
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