Recovery plan e digitale: l’Italia deve investire su Industria 4.0, digital skill e PA
Per utilizzare al meglio le risorse del Recovery fund destinate alla digitalizzazione del paese, Confindustria e MISE chiedono un piano strategico condiviso che metta al centro l’Industria 4.0, le competenze digitali e la pubblica amministrazione.
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L’appello è stato lanciato in occasione del convegno online “Investire, accelerare e crescere. Dall’Agenda digitale al Recovery Fund: colmare i ritardi, rilanciare il Paese” realizzato da Confindustria Digitale, in collaborazione con Luiss Business School.
Recovery plan: 4 pilastri per la digitalizzazione in Italia
Roberto Viola, direttore generale della DG Connect Commissione UE, ha ricordato che per la spesa del Recovery fund c’è un vincolo giuridico: più della metà dei fondi, infatti, deve essere utilizzata per investimenti green e digitali.
In particolare, il 20% delle risorse – che per l’Italia ammontano a circa 45 miliardi di euro – devono essere destinati alla digitalizzazione del paese, una delle sei mission del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Ma quali sono le priorità di investimento per digitalizzare l’Italia?
Secondo Viola il nostro paese deve concentrarsi su quattro pilastri: capitale umano, connettività, industria e pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda il capitale umano bisogna puntare sulla formazione professionale e sulle digital skill, mentre il 5G è l’arma vincente per potenziare la connettività - soprattutto quella ad alta velocità - su tutto il territorio nazionale.
Intelligenza artificiale, robotica e supercalcolo, invece, sono alcune delle nuove tecnologie su cui le imprese italiane devono continuare ad investire per rimanere competitive in Europa e nel mondo, creando devi veri e propri ecosistemi innovativi per lo sviluppo dei distretti industriali.
Anche la pubblica amministrazione non può rimanere indietro nella corsa al digitale, soprattutto in ambito sanitario, come ha reso ben evidente l’emergenza Covid-19.
Digital skill e Industria 4.0: le proposte di Confindustria e MISE
Il fil rouge di tutto l’evento è stata la richiesta di accrescere le competenze digitali degli italiani, sia nel pubblico che nel privato. In Italia, infatti, come risulta dal Digital Economy and Society Index (DESI) 2020, mancano le digital skill, sia di base che specialistiche, a fronte di una domanda crescente da parte del mercato.
Per compensare questo gap, Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School, ha chiesto a gran voce un Piano Marshall per la formazione capitale umano, mentre Pietro Guindani, presidente di Assotelecomunicazioni-Asstel, ha proposto un piano a lungo termine per le digital skill, dalla scuola dell’obbligo all’università, senza dimenticare la riconversione e l’aggiornamento professionale.
Su quest’ultimo punto si è soffermato anche Marco Gay, presidente Anitec-Assinform, sottolineando l’importanza dell’upskilling, ossia dell’accrescimento delle competenze, attraverso lo sviluppo di percorsi specializzati.
La formazione è uno dei pilastri portanti del Piano Impresa 4.0, che – ha ricordato Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo Economico – rappresenta il “cuore pulsante” per poter compensare il divario tra le imprese italiane ed europee nella transizione digitale.
In Italia, infatti, solo 18% PMI investe nel digitale. Un dato allarmante che evidenzia un problema significativo per la crescita del paese: far capire alle aziende più piccole – la spina dorsale dell’economia italiana - l’importanza dell’innovazione e della digitalizzazione.
Il MISE è già al lavoro - ha proseguito Patuanelli - per sostenere le imprese nella transizione digitale. Non saranno creati nuovi strumenti, ma verranno rafforzati gli incentivi già presenti nel Piano Industria 4.0, grazie anche alle risorse del Recovery fund.
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Per quanto riguarda il trasferimento tecnologico, invece, il MISE intende potenziare il network 4.0 – che comprende i competence center e i Digital Innovation Hub - istituendo sei nuovi centri di alta tecnologia dedicati a intelligenza artificiale, quantum computing, idrogeno, biopharma, tecnologie verdi, agrifood.
L’errore più grande che l’Italia può fare nella gestione del Recovery fund è frammentare i fondi tra diversi ministeri, ha fatto presente il Patuanelli, dichiarando che non c’è spartizione che possa funzionare. Quello che serve per il PNRR italiano è un unico fondo di risorse – gli ha fatto eco Carlo Bonomi, presidente di Confindustria – invocando una governance unica e centralizzata.
Posizione condivisa anche da Cesare Avenia, presidente di Confindustria Digitale, che ha proposto l’istituzione di un alto commissariato per il PNRR incaricato anche di controllare gli aspetti tecnici.
Questo approccio - che richiedere la partecipazione corale di tutti gli operatori economici insieme alle istituzioni - consentirà all’Italia di imparare a spendere bene e per tempo le risorse europee, una difficoltà già registrata nella programmazione 2014-2020.
Dalla relazione della Corte dei Conti UE sull’esercizio finanziario 2019 è emerso infatti che l’Italia è penultima in Europa per il livello di assorbimento dei fondi SIE, pari allo 30,7% a fronte di una media UE del 39,6%.
Guardando alla dotazione complessiva dei fondi europei destinati all’Italia per il settennato 2014-2020 - pari a 72,4 miliardi di euro - finora ne sono stati spesi 28,8 miliardi.
Per il tema Agenda digitale - fa sapere Confindustria Digitale - sono stati presentati 22.115 progetti, per 3,3 miliardi di euro, ma solo il 15% (ossia 11.328 progetti) sono stati portati a termine per 495 milioni di euro.
Per evitare di commettere gli stessi errori con le risorse del Recovery fund l’Italia deve definire un’organizzazione efficace per spendere i fondi europei - ha sottolineato Avenia - puntando sulla formazione, sulla digitalizzazione della PA e sulle infrastrutture di rete.
Digitalizzazione della PA: 50 milioni dal Fondo Innovazione
In concomitanza con l’evento di Confindustria digitale, la ministra per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano ha illustrato agli assessori alla digitalizzazione delle Regioni il piano per l’utilizzo del Fondo Innovazione da 50 milioni di euro istituito per favorire dal punto di vista tecnico la trasformazione digitale dei servizi dei Comuni.
L’obiettivo è far sì che entro il 28 febbraio 2021, come prevede il dl Semplificazioni, i Comuni abbiano adottato l’identità digitale Spid come credenziale per usufruire dei servizi online, abbiano avviato il trasferimento dei servizi nell’applicazione ‘Io’ per renderli fruibili da smartphone e abbiano reso possibili i pagamenti in modalità elettronica attraverso la piattaforma “pagoPa”.
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Grafica a cura di Confindustria Digitale